L'opera di Giorgio Colombo Taccani si è sin qui svolta lungo un coerente ed omogeneo percorso evolutivo. Contrariamente a quanto accade ai giovani compositori, spesso impegnati in una complessa ricerca di sé attraverso le maglie della contemporaneità, Colombo Taccani sembra presto aver trovato un proprio stile, già a partire dai primi brani prodotti. L'evoluzione del suo linguaggio infatti si è da subito giocata intorno ad alcune categorie tecnico-estetiche chiare e definite: la ricerca di una raffinata eufonia armonica e timbrica, l'attenzione alle qualità tecniche ed espressive dei diversi strumenti - qualità che, partendo dallo stato naturale di semplici "colori", diventano elementi portanti della struttura musicale -, ed ancora, una evidente e voluta intelleggibilità formale presente in tutti i lavori.
Tutto ciò avviene senza mai farci dimenticare le esperienze anche più innovative delle avanguardie storiche. Così, la ricerca eufonica, lungi dall'essere nostalgica e restauratrice, nasce da uno studio sui timbri meno tradizionali degli strumenti, quegli stessi timbri che ci erano apparsi elementi destabilizzanti nella musica di questo secolo e che qui, rifunzionalizzati, ritroviamo come delicate risonanze, inserite in una forma ricca ma comprensibile. Si parte dai suoni svuotati dal soffio nel quartetto di fiati
Di passaggio (1987), passando attraverso gli effetti timbrici del quartetto d'archi
Al ritorno (1990), giungendo quindi a
Chant d'hiver (1995) dove il violino e l'elettronica riescono a creare una rara omogeneità sonora e poetica, o, in tempi più recenti, a
Vespri (2002), partitura per ensemble ricca di colori accesi e diversi, e, con più ampie prospettive, a
Lied (1999/2003) per ottoni, percussioni, mezzosoprano, coro misto, archi e strumenti a fiato fuori scena, su testi di Annette von Droste-Hülshoff, Friedrich Hölderlin e Rainer Maria Rilke.
E proprio l'approfondito lavoro sulla musica elettronica, che ha caratterizzato parte degli ultimi anni della sua produzione, ha portato l'autore ad elaborare ulteriormente quello stile: brani come il già citato
Chant d'hiver (1995), dove il violino e l'elettronica riescono a creare una rara omogeneità sonora e poetica, o
Kyrie (1998) per trombone, nastro magnetico e live electronics, abbinano lo studio della tecnica strumentale ad una limpida e sapiente manipolazione del materiale elettronico, fino a creare ambienti sonori originali, a volte evocativi.
Omogenea a questa ricerca è inoltre lattenzione che negli ultimi anni Colombo Taccani ha dedicato a strumenti abitualmente meno frequentati dai compositori: ne è testimonianza la consistente produzione dedicata alla fisarmonica, sia essa solista come in
Aria di sortita (2001) o inserita in formazioni varie, come in
Diario di viaggio (1999) per fisarmonica e violino; possiamo incontrare inoltre, limitandoci sempre ad alcuni esempi, lavori per flauto dolce, come
Dichters Genesung (2003) dove esso viene abbinato al clavicembalo, per clarinetto contrabbasso - è il caso di
Golem (2004) - o per formazioni decisamente inusuali, come avviene per
Il mare immobile (2001/05) nella versione per due flauti dolci bassi, clarinetto basso e marimba.
Anche la qualità dei titoli presentati nell'arco di lavoro fin qui compiuto sembra confermare la tensione evocativa insita nella poetica di Colombo Taccani: la sua musica, senza intenti particolarmente descrittivi, desidera però guardare frequentemente fuori da sé, rimandare ad intrecci e relazioni non esclusivamente sonori.
La notte viene col canto (1990) per pianoforte o
Mit Äxten spielend (1999) per sassofono basso, con i loro richiami a Mario Luzi o a Paul Celan, non sono gli unici brani a manifestare questa particolare esigenza espressiva.
I brevi frammenti di testo poetico posti in calce ad alcune delle opere citate -
Appostata ad una svolta dell'età finché fosse la tua ora, recita un verso luziano utilizzato dall'Autore -, chiariscono il desiderio di tradurre l'essenza impalpabile della parola, proponendo quel concetto di immagine poetica e musicale che sfugge a qualunque prigione descrittiva seppur recando con sé una peculiare sensazione di "altrove" (e ciò varrebbe a spiegare le affinità con un poeta quale il già menzionato Paul Celan, del quale vengono utilizzati i versi in
Auge der Zeit (2001) per mezzosoprano e cinque strumenti e in
Abend der Worte (2003) per soprano e pianoforte).
Dunque, la ricerca sul suono acustico ed elettronico, sul timbro e sulle verticalità è il terreno fertile sul quale sembra fiorire questo spirito evocativo, che non può nascere casualmente dalla sola presenza del testo, richiedendo quella specifica volontà poetica che l'Autore manifesta anche in lavori privi di riferimenti extra-musicali dichiarati. E comunque ricorrente, nellopera di Colombo Taccani, lattenzione alla parola, al testo letterario, concretizzatasi in vari lavori vocali che spaziano dalla voce sola come in
Nox, Tellus (2004) su frammenti tratti dalle
Metamorfosi di Ovidio fino ai lavori per coro come
Oceano Deus (2004/05) per coro misto a otto voci su frammenti tratti da
Os Lusiadas di Luis Vas de Camões, passando per opere che prevedano la presenza della voce recitante, fra i quali merita di essere portato allattenzione almeno
Ledi - per non dire il Macbeth (2000/01), costruito attorno ad unampia rivisitazione dellopera verdiana realizzata appositamente da Vittorio Sermonti.
Ma, abbiamo detto, più importante ancora è la chiara volontà di inserire le proprie opere all'interno di quella corrente estetica a noi contemporanea che non rinnega le esperienze del Novecento, ma getta su di esse uno sguardo positivamente critico per rifunzionalizzarne alcuni aspetti. E' evidente la convinzione di Colombo Taccani che né l'arte musicale né la sperimentazione hanno messo in dubbio la loro ragione di esistere, ma hanno bisogno di costante chiarezza ed individuazione, elementi ritenuti indispensabili per raggiungere l'originalità e l'efficacia dello stile.
(dalla brochure a cura delle Edizioni Suvini Zerboni - Milano, 2005)